Sul mio comodino ho sempre un quaderno e una matita. A volte mi sveglio la notte e scrivo delle frasi, riflessioni o tracce di sogno.
Oggi voglio condividere le mie riflessioni scritte sul mio quaderno a proposito di una delle mie ultime letture: Guanciale d’erba di Natsume Soseki
Il viaggio è un tema caro a tutti gli artisti e non solo a loro. Per alcune persone il viaggio è un modo per dire vacanza, riposo, evasione per un artista il viaggio è soprattutto un modo per cercare sé stessi.
Ultimamente ho fatto un viaggio in Giappone, ma questo lo sapete già tutti e da allora mi sono anche avvicinata agli Haiku e alla letteratura giapponese. Così quando entro in libreria mi faccio attrarre facilmente da autori con il nome tipicamente giapponese, siano essi contemporanei che classici. “Guanciale d’erba” era proprio davanti nello scaffale e mi chiamava in modo discreto, non appariscente, come sa fare solo il Giappone. Lo prendo in mano e leggo le prime righe…
“Se si usa la ragione il carattere s’inasprisce, se si immergono i remi nel sentimento si è travolti. Se s’impone il proprio volere ci si sente a disagio. È comunque difficile vivere nel mondo degli uomini.”
Sono pienamente d’accordo con lui. Lo compro e comincio a leggerlo la sera stessa.
Il libro racconta di un poeta e pittore che decide di fare un viaggio a piedi in mezzo alla natura per trovare ispirazione e confrontarsi con sé stesso – non faccio nessuna fatica ad immedesimarmi-.
Nella primissima parte del libro, cammina, guarda, si stupisce. Viene sorpreso dalla pioggia. Trova riparo nella casa di una vecchia che gli offre il tè e, ovviamente, gli racconta anche una storia. La storia di una fanciulla bellissima e un po’ matta. Diciamo che non è proprio matta, ma nemmeno equilibrata e questo a causa dell’amore. Come sempre ci si mette di mezzo l’amore. Ahi!
Che fa quindi il nostro poeta? Provate ad indovinare. Esatto, va a cercare la ragazza e ti pareva… Lei è davvero bella come la descrivono. È davvero fuori dagli schemi, intrigante, irriverente, diafana come la luna e bella come un Ibisco… Fin qui non ci sarebbe gran che di originale. Però tra le righe, l’autore, tira fuori tutta la propria angoscia esistenziale, tutta la sua difficoltà ad accettare le contraddizioni del suo paese che si personalizzano nel vecchio padrone la cui unica passione rimasta è quella di collezionare antiche porcellane, del Maestro Zen che vive nel monastero, del giovane che parte per la guerra russa e che sarebbe meglio non tornasse vivo per non disonorare la famiglia. Il poeta guarda il suo paese, la sua gente e se ne allontana. Non si riconosce, però, neanche nell’Occidente, dove l’autore ha vissuto, e dove si è sentito rifiutato e fuori posto. Ma come ci si sente quando si è fuori posto ovunque? Beh, in crisi… Ci si rivolge alla natura, l’unica in grado di accogliere senza giudicare.
Tutto il romanzo è infarcito di citazioni letterarie, di poesia, di introspezione e di filosofia. Pur essendo piuttosto lento, offre parecchi spunti di riflessione… e mi è piaciuto molto.
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Natsume Soseki è considerato uno dei maggiori autori giapponesi. Nato a Edo nel 1867 da un samurai di basso rango, era l’ultimo di sei figli. I samurai dopo che erano stati privati delle spade divennero spesso politici o artisti. Avevano moltissime competenze e conoscenze e quindi non è strano che Natsume, il cui vero nome è Natsume Kinnosuke si dedichi all’arte. Fu pittore, poeta e scrittore ed il suo libro più noto è “Io sono un gatto”.