Vita e morte delle aragoste, un libro di Nicola H. Cosentino.
Inutile dirvi che forse non avrei comprato un libro con questo titolo e nemmeno con quella copertina se non avessi ascoltato Nicola H. (ma per cosa starà H punto?) Cosentino parlare e, ancor più di lui, la sua editrice tessere le sue lodi in modo così convincente che mi sono detta, ma sì, in fondo le aragoste le conosco bene…
E infatti il libro è una bella sorpresa. La voce narrante, Antonio, ripensa a posteriori ai momenti della sua vita condivisi con gli amici e, soprattutto, con Vincenzo Teapot. Quello non era il suo vero cognome ma una volta una teiera rischiò di romperglisi in testa e così lui ne dedusse che quello doveva essere il suo “futuro”. Già da questo comprendiamo come questo amico fosse speciale. Beh, ogni amico è speciale, ma questo lo era già di suo. Timido, sensibile, creativo, ironico, cinico, Vincenzo fa lo scrittore e sin da ragazzino affascina le donne e gli amici al punto che Antonio a un certo punto capisce di vivere solo per fargli da spalla. Senza Vincenzo la sua vita sarebbe stata molto più spenta, triste, vuota. E lo diventa, infatti, quando la loro amicizia si spezza per una cosa un po’ stupida, lasciatemelo dire. Ma questo succede anche con i grandi amori, purtroppo…
Il romanzo racconta l’età della crescita che, forse, in fondo non finisce mai, anche quando pensiamo di essere diventati adulti occorre spogliarsi della scorza per crescere ancora un po’, per andare avanti. Proprio come fanno le aragoste che perdono il carapace per crescere, poi lo ricostruiscono e lo riperderanno ancora, in un processo che rallenta con l’età ma finisce solo con la morte.
La storia non ha particolari colpi di scena, eppure impegna, tiene lì tra le pagine dove si sparpagliano primi amori, delusioni, lutti e traumi, senza eccessi come sono le storie di gente normale, di ragazzi normali, di uomini in crescita. Il tutto raccontato in un modo sempre elegante e raffinato come è la scrittura di Nicola H. (ma per cosa starà questo H.?) Cosentino.